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TARES: un Frankestain tributario che serve solo a pagare di più

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Articolo di: 
   del: 10 giugno 2013

 

Oggi in consiglio si è votato il regolamento della nuova “tassa” TARES (non so come definire questo ibrido fiscale).

Sia il passaggio da TARSU a TARES, che il passaggio da ICI a IMU si riassumono in un calzante “DI MALE IN PEGGIO!”: pagheremo indiscriminatamente di più. Nel caso della TARES c’è pure l’aggravante di beffare tutti quelli che usano pratiche virtuose di riduzione dei rifiuti.

L’unica ragione per cui avrebbe senso cambiare completamente la tassa dei rifiuti sarebbe quella di promuovere la riduzione dei rifiuti premiando pratiche virtuose.

La TARES manca completamente questo obiettivo!

Con la TARSU si pagava un fisso a metro quadro: più grande la casa, più alto il tributo, sulla base di una presunta relazione tra dimensione dell’appartamento e i rifiuti prodotti. In pratica era una patrimoniale sull’immobile, con la scusa dei rifiuti.

Adesso la TARES, oltre alla superficie dell’immobile (che resta), conta anche il numero di occupanti: più una famiglia ha figli e più paga. Una specie di patrimoniale proletaria! Una tassa sui figli.

Una beffa perché nella realtà la quantità di rifiuto non la fanno il NUMERO, ma soprattutto il TIPO di persone.

Ci sono famiglie che producono meno rifiuti di un single: fanno la spesa usando i distributori, riempiono la bottiglia di latte al distributore e i detersivi nel contenitore portato da casa, hanno solo sportine riutilizzabili e fanno la spesa con i gruppi di acquisto riutilizzando la stessa cassetta più volte, i figli hanno pannolini lavabili e si passano le cose da una famiglia all’altra. Eppure pagheranno di più se sono numerosi.

Non solo: famiglie numerose in case piccole, potrebbero pagare di più di un single in una casa grande.

Basterebbe questo a far cadere le braccia ad ogni ecologista… ma c’e’ di peggio!

La TARES non solo manca totalmente l’obiettivo di far pagare il rifiuto realmente prodotto incentivandone la riduzione (meno rifiuti fai meno paghi), ma va persino in direzione opposta: più rifiuti fai e più sconti hai!! Basta che lo porti personalmente nelle isole ecologiche: lo pesano e lo caricano nella tessera personale.

Surreale! Siamo alla follia. Viene scontato 0,1 euro al chilo (articolo 22 del regolamento TARES) di rifiuto differenziato prodotto. Vedremo automobili cariche di plastica e carta per arrivare allo sconto massimo  (50% della quota variabile). Unica nota positiva è il premio riconosciuto al compostaggio domestico…

Ma non finisce qui: dentro alla TARES ci hanno messo pure i servizi indivisibili: l’illuminazione pubblica, la manutenzione di strade e parchi, la sicurezza…. Che ci azzeccano con i rifiuti? Niente! La presenza di questa componente di imposta fissa snatura l’intero impianto e toglie ogni dubbio sulla possibilità della TARES di essere una vera tariffa sul rifiuto prodotto.

Prima si sarebbero dovute creare le condizioni per la misurabilità del rifiuto prodotto, solo dopo pensare ad una VERA tariffa. Se la tecnologia attuale non permette di misurare il rifiuto prodotto non è il caso di cambiare radicalmente la tassa! Non ci sono i mezzi e gli strumenti per raggiungere l’unico scopo utile. Se non si può misurare il rifiuto, che senso ha rivoluzionare tutto?

L’impossibilità di pagamenti automatici con il RID e di fare un versamento annuale unico, l’obbligo di fare quattro F24 all’anno per pagare le rate sono la complicazione ulteriore che completano il quadro di questo Frankestain tributario che raccoglie illuminazione pubblica, sicurezza, con rifiuti misurati su parametri aleatori!

Se si voleva solo farci pagare di più, tanto valeva aumentare la TARSU senza questa faticosa rivoluzione che l’unica cosa che aumenta è l’inquità.

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