Intervento di Marco Piazza, consiglio comunale del 21 febbraio 2022
Intervento in video: https://www.youtube.com/watch?v=sJqeyzCcUAU
Sentirsi rifiutati non piace a nessuno.
Sentire di non essere accettati senza avere alternative è ancora peggio. Ci sono oltre 11.000 ragazzi che vivono a Bologna stabilmente, in molti casi sono nati qui, a Bologna studiano, hanno gli amici, hanno la casa e i genitori e qui è il loro progetto di vita. Eppure non hanno la cittadinanza italiana.
Come ci si sente quando a scuola non puoi andare in gita con la tua classe perché non puoi avere un permesso che per i tuoi compagni con cittadinanza italiana è invece scontato? Come ci si sente a dover rinnovare periodicamente un permesso o a non essere sicuri del futuro? Qualcuno può reagire con tristezza, qualcuno con rassegnazione, altri ancora con rabbia che potrebbe essere incanalata verso percorsi negativi.
Qualcuno dice che questo problema non è una priorità, che Bologna ha cose più urgenti a cui pensare. Io penso invece che risolvere il disagio e la discriminazione di migliaia di persone della nostra comunità, rende più sereni tutti. Come accade in una famiglia: se uno solo sta male, tutti vivono male.
Bologna quindi decide di conferire la cittadinanza onoraria a queste migliaia di bolognesi senza cittadinanza. Come segnale di attenzione e accoglienza a loro e come chiara richiesta al Parlamento da parte del livello politico più vicino ai cittadini, a contatto con i problemi di tutti i giorni delle persone.
Avere una comunità coesa dove ognuno è sereno, vuol dire vivere meglio tutti, vuol dire avere persone tutte con eguali diritti e doveri. Vuol dire meno emarginazione, più legalità e meno lavoro sommerso, meno rabbia, più sicurezza. Vuol dire risolvere tanti problemi urgenti in modo strutturale, andando ad una delle radici del problema.
Quando si ha mal di schiena si può mettere un cerotto sulla parte dolente, oppure si può capire il motivo e magari cambiare materasso, sedia, postura… La stessa cosa vale per i problemi di Bologna, possiamo concentrarci sul far scomparire il sintomo (di solito con operazioni di polizia o con assistenti sociali o reti di supporto), oppure possiamo cercare di risolvere e prevenire il problema con interventi strutturali.
Se una persona si sente accolta avrà anche più rispetto della sua comunità. Avrà stessi diritti e ci sarà meno emarginazione, meno necessità di sostegni sociali. Gli si potrà richiedere anche l’osservanza degli stessi doveri. Questo vuol dire essere cittadini.
Questo è un provvedimento strettamente legato alla storia di Bologna in cui l’accoglienza è anche nella nostra architettura (con i portici), in cui c’è sempre stata attenzione ai diritti tanto che Bologna fu la prima al mondo a liberare (con i soldi del comune) gli schiavi già nel 13mo secolo con il famoso Liber Paradisus. Già allora non potevamo tollerare che in città di fossero cittadini con meno diritti di altri.
Fino ad arrivare ai giorni nostri in cui tutti abbracciamo e ci mobilitiamo per Patrick Zaki, che consideriamo cittadino di Bologna per il solo fatto di aver scelto di venire a studiare qui. Tanto ci basta per scendere nelle piazze a sua difesa. A difesa di libertà e diritti.
Già 10 anni fa il nostro gruppo Bolognese aderì alla campagna l’”Italia sono anche io” e nel 2012 sostenne una proposta analoga. Dopo 10 anni nessun intervento è stato fatto per risolvere il problema. Allora rilanciamo con forza questa iniziativa come segnale di attenzione ai nostri concittadini in questa condizione e come forte invito al legislatore a intervenire, che sia Ius Soli o altro, ma serve eliminare rapidamente quella che è una vera e propria inaccettabile discriminazione.